|
25/11/2011
Lo sguardo della sofferenza. 4 incontriPadre Giuseppe Barzaghi o.p. Brescia, Febbraio 2011. Entrare nella malattia è entrare nella solitudine. Una solitudine che non può capire chi non la abita. Dal didentro. È una questione di esperienza, perché è una chiamata assoluta alla profondità interiore. Anche l'urlo di aiuto sembra soffocare. Quando il gioco è interiore, il grido appare troppo esterno e annega nel sospetto velato della inutilità. Ma quante lacrime ci vogliono per trovare sollievo? Ne basta una. Lei sa che cos'è la solitudine. Ne è l'unica compagna cara. A volte non cola dagli occhi. Resta a galleggiare tra le palpebre e l'iride. Come per proteggere col suo velo la dignità dell'anima che pensa già alla sua fuga. Forse è l'ala dell'angelo custode. Quando un occhio è fisso e come assorto dietro il velo di una lacrima, lì c'è qualcosa di angelico. Il custode sa cos'è la solitudine: è fatto a sua misura. Ne ha una percezione infallibile, come un segugio. È trasparente e invisibile, come ciò di cui si prende cura: il dolore e l'affanno solitario. Anche la solitudine nessuno la vede. Tutto è nascosto nella profondità, dove ci si deve avventurare da soli. Lo smarrimento è il timore del vuoto. Eppure la sensazione della vacuità è il librarsi dell'anima sulle ali del messo divino. Ed è la calma in cui si spegne, come il sonno di pace che segue il pianto a dirotto. La fantasia divina culla la solitudine malata e si adagia nell'anima che guarda. Quegli occhi languidi di solitudine vanno contemplati all'infinito perché è lì che si possono vedere gli angeli.
Ti trovi nella sezione: FILOSOFIA/ Padre Giuseppe Barzaghi o.p., Lezioni, conferenze, incontri. |
2011 © Tutti i diritti sono riservati - Autogestione contenuti di Carlo Moro C.F.: MROCRL66C08H717Y - Sistema GLACOM® Privacy Policy |